Ci sono giorni più di altri in cui la metafora della nave che affonda più si adatta allo stato d’animo.
Quel senso di rassegnazione, misto a stordimento prende il sopravvento, quasi che l’istinto di sopravvivenza non esistesse più.
Ti fermi e alzi gli occhi ad una epigrafe, una come tante.
Ne hai viste a centinaia nella tua vita, eppure ogni volta e’come la prima volta.
Solo che lo sconforto aumenta specie quando sempre più le immagini sono familiari.
Ed e’li che ti sembra che la nave stia imbarcando sempre più acqua: guardi l’ultima foto, e’un volto giovane, sorridente.
Per un’istante pensi di guardare l’immagine di un profilo di facebook.
Ma poi ritorni con i piedi per terra.
La riconosci, anche se non la conosci veramente.
Lei ti ha servito come commessa decine di volte, con il sorriso sul volto, Mai avresti pensato che dietro quel giovane e sereno volto si celasse un terribile male.
Trentanove anni e niente più.
Trentanove anni, un figlio e un marito.
Non un futuro, nessuna speranza, se non la preoccupazione per chi rimane nel dolore e nell’incapacità di comprendere l’ assurdo meccanismo della vita e della morte.
E intanto senti che la nave affonda e quel salvagente, che e’la tua voglia di vita, forse non basterà a salvarti dalle fredde acque dell’oceano.
Forse la vita altro non e’che un lento affondare giorno dopo giorno.
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