E poi si resta soli.
Era una canzone del Califfo, che ora più che mai mi risuona nella mente, accompagnata da una melodia triste.
E’un destino comune ad alcuni di noi, pochi eletti, o forse pochi sventurati, a cui la sorte ha tolto la felicita’ di dividere la propria esistenza con qualcuno.
E poi alla fine si resta soli.
Persone comuni, che dedicano la propria esistenza agli altri, come se il mondo avesse bisogno della loro missione.
Forse sono solo terrorizzati dalla solitudine, si danno agli altri nella speranza che questo serva ad espiare le colpe, che li hanno condannati a questa pena.
Ma non c’e’ espiazione, non c’e’ colpa, solo un fato avverso.
E poi si resta soli.
Rientri a casa e cali nel vuoto dei tuoi pensieri, immaginando come sarebbe stata la tua vita con qualcuno accanto.
Poi rassegnato pensi a domani, al lavoro e tutto scorre in una solitudine che ormai e’famigliare.
E poi si resta soli, soli con noi stessi e nessun altro.
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Rientri a casa e ritrovi con piacere la tua solitudine. Ti toglie le scarpe e ti sdrai sul divano, il gatto sulle ginocchia, la televisione accesa sul tuo telefilm preferito, il vassoio con quello che più ti va di mangiare per cena. Oppure un bel concerto classico nello stereo, un libro fra le mani, la luce calda e soffusa… cosa c’è di più bello che godersi la propria, meritata, solitudine? Soprattutto se si trascorre la giornata in mezzo alla gente, trovo che sia assai rasserenante poter rimanere di tanto in tanto con se stessi. Siamo già troppo circondati da rumore, parole, musica, fracasso, il silenzio ci spaventa, quando in realtà dovremmo farne tesoro. Come si fa a conoscere se stessi altrimenti? Io amo la mia vita solitaria. Pur amando la gente, di cui ho comunque bisogno.